PENSIERI SPARSI E INOFFENSIVI DALLA QUARANTENA
Ho iniziato a fare un viaggio tra i ricordi e le esperienze fatte negli ultimi mesi, o meglio, nei primi mesi di questo 2020 che per il momento ci vede chiusi in casa. Dalla quarantena volontaria alla quarantena da DPCM.
Oggi vi racconto questo fatto, l’ho chiamato…
FA RUMORE
“Vado in Francia a trovare mio figlio“.
Si è presentato così il signore che ha occupato il posto vicino al mio sul treno verso Sanremo.
Esattamente a Genova.
Fino a quel momento ero riuscito a fare un viaggio confortevole, gambe allungate sulla mia destra, braccia appoggiate sul sedile libero e lettura dell’ultimo libro di Massimo Gramellini, quello delle parole, quello del caffè.
“Sono partito stamattina da Roma e vado a Nizza. Mio figlio ha sposato una ragazza di Parigi e ora vive in costa azzurra. E’ da Natale che non vedo i miei nipotini“.
Quell’uomo non sapeva e non sa, che quello è stato il momento in cui io ho avuto il primo impatto devastante con il Coronavirus.
Era un qualsiasi venerdì di febbraio e stavo raggiungendo Sanremo per svolgere il mio lavoro al Festival. Di fronte a me, il mio collega, riascoltava tutti i brani in gara in cuffia e di li a poche ore Diodato avrebbe trionfato con la sua “Fai rumore“.
Chi l’avrebbe detto che nel giro di un mese, a fare rumore non sarebbe stata una canzone, ma un virus? E che rumore.
Chi l’avrebbe detto che nel giro di un mese, l’unico modo per stare al sicuro sarebbe stato chiudersi in casa in quarantena?
“Son partito stamattina da Roma….“, quella frase mi si è infilata dritta nello stomaco come un pugno. Con tutte le possibilità che c’erano, proprio un signore di Roma? L’unica città italiana dove ci sono due cinesi ricoverati con il Coronavirus?
E’ chiaro che la mia ipocondria e il mio allarmismo facile in quel momento hanno suonato un Festival infondato nella mia testa, ma quello, è stato senza dubbio il mio primo approccio con la paura, con la Pandemia.
A dire il vero, già mentre cercavo il mio posto sul vagone quattro, avevo visto una ragazza dai tratti orientali indossare una mascherina. Al momento non ci avevo dato peso, avrò anche pensato “che esagerata”, e in quel momento, all’inizio di Febbraio, così era: esagerata, ma non pazza.
Quell’inizio di febbraio che oggi sembra appartenere a una vita fa. Una vita in cui lo spettro del Covid-19 aleggiava sconosciuto e distante, visualizzato soltanto nelle immagini che venivano dalla Cina.
Ricorderò sempre quel gentile signore, piacevole compagno di due ore di viaggio, straordinario nonno in ottima salute, come l’uomo che ha acceso in me la presa di coscienza del virus.
Un virus che continua a far rumore.