Sono uno che crede molto nei fili che si intrecciano e nella necessità di fare aderire le idee.
Da qualche settimana la mia amica Sara, in arte DJ JAZZY J, ha lanciato il progetto Sounds4storytellers: brani completamente free prodotti da lei e messi a disposizione di chiunque abbia storie da raccontare: colonne sonore per videomaker, basi per…ecc ecc. Non essendo io nulla di tutto questo, ma essendo semplicemente uno a cui piace scrivere, ho accolto con entusiasmo il suo progetto e ho scritto questo racconto ispirato dall’ascolto del suo primo brano: Suburbs.
Per farla breve e lasciarvi subito al racconto, questa è la storia che ho immaginato ascoltando la sua musica.
MELISSA
Jack correva, scappava.
Sentiva il cuore farsi strada nella gola come fa la musica nelle casse di una discoteca nel pieno della notte.
Notte quella in cui forse avrebbe detto addio alla vita, se non fosse riuscito a seminarli.
Lo sapeva bene.
Un passo dopo l’altro cercava di ignorare il dolore dei muscoli e il freddo dell’inverno che gli si spiaccicava contro il viso ferito per via dei pugni ricevuti da Vladimir nell’hangar del porto.
Sentiva l’odore madido dell’acqua salire dalla banchina e per un attimo tornò con la mente a quando da bambino, in quel luogo, era solito passare la domenica mattina con il padre che lo portava a salutare i pescatori di ritorno dalle notti passate in alto mare a dar del tu a tonni e squali.
Un flash, un piccolo appiglio piacevole in quella corsa contro il destino.
Un rivolo di sangue si infilò nella bocca spalancata per lo sforzo; anche quel sapore metallico gli rievocò un ricordo: Melissa.
La donna per cui si era infilato in quella situazione. La donna per cui aveva calpestato i piedi alla persona sbagliata.
Come dice quel vecchio detto? Al cuor non si comanda. Proprio per questo ora Vladimir e il suo compagno dai capelli lunghi lo stavano braccando lungo le vie del porto.
L’aveva conosciuta al ricevimento di una fondazione a sostegno di chissà quale causa sparsa per il mondo e ne era stato subito folgorato. Melissa, la più bella donna mai vista nella vita, la figlia del direttore generale dell’ente benefico. E con un uomo in carriera, ricco di potere, puoi sperare di farla franca rovistando nei suoi affari, ma quando sconfini nei sentimenti e nell’orgoglio il tuo destino è segnato.
Quella sera i due scagnozzi l’avevano aspettato sotto casa e poi trascinato in auto fino all’hangar dove il boss stesso in persona lo aspettava con il consueto stile che caratterizza chi comanda e non vuole sporcarsi le mani.
«Hai usato mia figlia!» gli gridò a pochi centimetri dal viso.
«L’hai ingannata per arrivare ai miei soldi. Ti spazzo via da questa terra, ti faccio fuori lurido figlio di puttana!»
Ora quelle parole gli rimbombavano nella testa mentre esausto continuava a correre.
In effetti era iniziata così. L’aveva avvicinata per agganciare il vecchio, per vederci chiaro su alcune transazioni sospette, ma fin dal primo istante il suo cuore e il suo desiderio si erano rivelati un problema per il distacco che serve quando devi portare a termine una missione.
L’agente Jack ancora non si capacitava di come fosse riuscito a scappare. Vladimir e il capellone l’avevano tenuto fermo e l’avevano colpito a turno, o forse no, forse era stato solo il russo l’incaricato a picchiare. Quel che era certo è che i pugni li aveva sentiti tutti e ora, con la notte gelida a fare da infermiera improvvisata, il viso gli pulsava forte desideroso di una sacca di ghiaccio quanto prima.
Perciò correva.
Arrivato all’imbocco del lungomare si fermò, chino su stesso per respirare e per recuperare un briciolo di forze.
Silenzio.
Solo il rumore lontano di operai che facevano il turno di notte in un cantiere navale.
Li aveva forse seminati? Era davvero riuscito a correre così forte da essersi messo in salvo?
Il rombo di un’auto sportiva lo distrasse da quei pensieri ricchi di speranza; riparò gli occhi con le braccia perché i fari puntavano dritto contro di lui illuminando la sua sagoma malconcia che si stagliava nel buio in cui cielo e mare si prendevano per mano.
Eccoli.
Cercò disperatamente di riavvolgere il nastro della sua vita in modo da fare un’ultima confessione a sé stesso e a un probabile dio che quella notte lo stava abbandonando. Non ci riuscì. Il pensiero di morire era molto più forte del pensiero della vita goduta fin lì.
Si aprì lo sportello e la voce che lo invitò a salire senza perdere tempo arrivò alle sue orecchie sotto forma di un angelo.
Melissa.
Che non era un dio ma che quella sera andava bene lo stesso. Visto che era lì per salvarlo.
«Cazzo! Vai vai, corri Melissa! C’è mancato poco, quel bastardo di tuo padre stava per farmi fuori» pronunciò l’agente chiudendosi la portiera alle spalle e lanciando uno sguardo di riconoscenza all’amata.
Lei non riuscì più a trattenere le lacrime.
Jack fece per raccoglierne una dalla guancia avvicinando le labbra per un morbido bacio ma una puzza tremenda lo fermò. Lo stordì.
Gli occhi si chiusero e il suo corpo crollò in un sonno profondo.
«Ottimo lavoro figlia mia» sentenziò dal sedile posteriore il vecchio gettando dal finestrino il fazzoletto pregno di cloroformio.
Melissa rimase in silenzio. Si sentiva sporca, l’aveva tradito.
L’amore è quel sentimento che resta comunque sul fondo dell’anima dopo che l’hai ripulita per bene dalle scorie delle scelte fatte nella vita.
«Ora calmati che dobbiamo discutere del destino di questo stronzo. Lo sai che papà ti vuole bene».
© Stefano Buzzi