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Dopo un sacco di tempo, torno a riempire le pagine di questo Blog. Magari il proposito per l’anno nuovo potrebbe essere quello di avere più costanza nei contenuti di questo sito, ma per ora accontentiamoci di un racconto. Un racconto sotto l’albero, un regalo mio per tutti voi che dimostrate interesse per il mio percorso di scrittura.

Senza tirarla per le lunghe, in modo da lasciarvi subito al racconto, Dritti al cielo è un brano nato in uno dei laboratori creativi di scrittura tenuti da Stefania Convalle. Un elaborato che poi ho deciso di inserire all’interno del libro Un’ora in più, edito da Edizioni Convalle.

Penso che quest’anno, per Natale, sia giusto e piacevole condividere uno dei ventidue racconti che compongono la raccolta. Se volete saperne più, ne parlo ampiamente qui. Ora vi lascio al racconto

Buona lettura

DRITTI AL CIELO

 

…Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori…

Sentivo ripetersi questa litania ogni sera. Il coro di tutto il vicinato, che si radunava all’edicola mariana in fondo alla strada, entrava dalla finestra della mia camera che, ogni volta che arrivava la bella stagione, mia madre mi permetteva di tenere spalancata finché faceva buio.

Era maggio. Ero poco più di un bambino.

Qualche volta, insieme alla nonna, mi univo a quel gruppo di persone che affidavano la loro anima al cielo per qualche decina di minuti: il tempo di cinquanta Ave Maria e qualche Padre Nostro.

Più che un momento di raccoglimento, a me sembrava una bella occasione per vedere le persone che abitavano nella nostra strada, specie Caterina, la figlia del dottor Guberti.

Per me lei era bellissima. Frequentavamo la stessa classe, ma non ero mai riuscito a essere il suo compagno di banco. Una volta le avevo regalato un mazzetto di margherite, che avevo raccolto in cortile nell’intervallo, chiuse dentro l’astuccio dei pennarelli. Il sorriso che mi rivolse quel giorno è quanto di più vicino alla Madonna io abbia mai visto nella mia vita.

Almeno fino a oggi che ho quarantasette anni e che sto per farlo per la prima volta. Pochi minuti mi separano dal mettere in pratica tutto quello che ho studiato e provato negli ultimi venticinque anni.

Non è certo un caso, che in un momento come questo, mi sia venuta in mente Caterina. Dopotutto è un po’ colpa sua se ho scelto di fare questo lavoro e di dedicare tutta la vita a quello che sto per vivere ora, tra… centoventi secondi. Così dice il monitor che ho davanti ai miei occhi.

In una di quelle sere, infatti, seduti sulla panchina di marmo che sta sotto la grande quercia dei giardinetti, guardandomi col suo viso angelico, mi ha detto:

«Ma secondo te, Dio ci vede davvero?»

E poi, cogliendo tutto il mio stupore e il mio imbarazzo, ha continuato: «Cioè, tu dici che lo sa che siamo qui a pregare? Le ascolta davvero tutte queste persone che ogni sera scendono a dire il Rosario?»

È stata quella la prima volta che ho guardato il cielo con occhi diversi. Che ho visto nel firmamento un libro da leggere. Quella sera le ho promesso, con tutta l’innocenza di un bambino, che un giorno sarei salito su un’astronave per andare a verificare di persona, in modo da poterle dare una risposta.

Io, che volevo risolvere il mistero della fede andando a bussare tre colpi alla porta del Signore.

Se non fosse che sono attanagliato dalla paura e dalla tensione, mi metterei a ridere, ora che ci ripenso.

Perché alla fine il momento è arrivato. Il razzo in cui sono rinchiuso sta per lasciare il suolo terrestre. Sto per andare nello spazio. Insieme a un equipaggio composto da altre due persone, stiamo per andare su una Stazione Spaziale in orbita intorno alla Terra per svolgere delle ricerche. Vivrò lì per quattro lunghi mesi. Più di cento giorni in assenza di forza di gravità e ossigeno da mettere al servizio della scienza. Del progresso. Della curiosità che da sempre caratterizza il genere umano.

Cosa c’è di più eccitante che non arrivare dove nessuno ha mai posato gli occhi?

Ho sposato questa filosofia fin dalla scelta del percorso scolastico: il liceo, l’Università, l’Accademia, e poi tutte le ore di simulazione che in questi anni mi hanno preparato al lancio che avverrà tra quaranta secondi.

DRITTI AL CIELO

Avverto una serie di emozioni contrastanti che sbattono tra il cuore, lo stomaco e il cervello. Mi sembra di essere un flipper in tilt. Eccitazione, gioia, realizzazione ma soprattutto paura. Tanta paura. Quella che ci rende umani. Ho dedicato ogni giorno a questo momento eppure, ora che ci sono, mi sembra di non essere all’altezza. Mi sembra di essere un bambino a cui dopo mesi e mesi di bicicletta tolgono le rotelle: sai cosa devi fare per non cadere ma devi rivedere tutte le tue certezze per mantenere l’equilibrio.

Ripenso a Caterina, alla promessa. Mi rendo conto di quanto quella stupida motivazione di tanti anni fa, in realtà sia ancora viva dentro di me, nel profondo. Abbozzo un sorriso, ben venga. Magari prima di andare a scrivere numeri su una tastiera passiamo a prendere un caffè con Dio.

Nelle mie orecchie parte il conto alla rovescia. Ten…nine…eight…seven..

Nella mia mente invece …Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori…

Nel mio bagaglio ho tutto quello che ho imparato e quello in cui credo.

Di colpo sento che non siamo più ancorati alla terra.

Puntiamo dritti al cielo.


 

Ne approfitto per ringraziarti per la lettura e per farti i migliori auguri di Buone Feste.